La famiglia Sanvitale

Il grifone è stato l'animale protettore di casa Sanvitale, un animale mitico, custode del Paradiso, che univa le qualità dell'aquila con quelle del leone (vigilanza e coraggio).

Questa figura totemica ben si adattava ad una famiglia, ora estinta, che ha legato indissolubilmente il proprio nome a quello di Fontanellato.
 

La presenza dei Sanvitale è ancora tangibile non tanto negli stemmi, nei blasoni sparsi un po' dovunque, ma nella forma stessa del centro urbano, nelle stanze della Rocca, che hanno l'aspetto di essere ancora vissute, più che di sale di un museo, nelle chiese ed in mille angoli, nei quali un occhio attento può cogliere questa persistenza discreta ed illuminata.

Il nome della famiglia potrebbe derivare da una torre fatta costruire sull'Enza da Ugo I Sanvitale, capostipite vissuto nella prima metà del XII secolo, come vuole il Litta ed una lunga tradizione di storiografi della casata, oppure più semplicemente indica l'originaria

provenienza da San Vitale Baganza, come altri vorrebbero. Infine, con dati documentari più certi, va ricordato che in epoca medioevale le case dei Sanvitale, a Parma, erano presso la piazza Grande (attuale piazza Garibaldi) al fianco della Chiesa di San Vitale, nella vicinia omonima.

Le prime notizie sulla famiglia comunque nonostante una antica leggenda la volesse di stirpe reale e proveniente dall'Alsazia al seguito di Pipino, figlio di Carlo Magno la indicherebbero non nobile,nel senso feudale, ma fortemente legata alle magistrature ed alle strutture comunali (Sanvitale sono ricordati come podestà e capitani del popolo in diverse città).

Dallo sviluppo del comune nel medioevo essi avrebbero tratto forza e potere per cui la loro origine è stata definita "comunale e potremmo dire  protopatriziale".
 
 

E quindi dall'esercizio di incarichi comunali, quali funzionari pubblici, e dal vassallatico vescovile, che si viene infatti rafforzando la posizione della famiglia e delineando,non senza ostacoli agli inizi del 1200 i Sanvitale, sino al 1248, sono esuli politici, a causa della loro opposizione al partito ghibellino, filoimperiale , una crescente ascesa,che si consolida con la vittoria della parte guelfa, alla quale furono, in questi secoli, fedeli con coerenza.
 
 

Alla fortuna del casato inoltre contribuiscono notevolmente i cadetti avviati alla carriera ecclesiastica e tra essi ricordiamo i fratelli Alberto, morto nel 1257, e Obizzo morto nel 1303, che fu vescovo di Parma e di Ravenna.

Anche una sapiente politica matrimoniale agevolò le difficili scelte durante il periodo del nascere delle signorie, che se a Parma non riuscì a creare uno stato autonomo provinciale, non per questo fu meno aspro e drammatico, con le lotte che videro protagoniste famiglie come i Dalla Scala, i da Correggio, gli Este, i Terzi, i Pallavicino ed i Rossi, fino al predominio dci Visconti, prima, e degli Sforza poi.
 

I Sanvitale, meno aggressivi di altre famiglie, furono comunque a lungo un preciso punto di riferimento per la lotta politica locale, se ancora agli inizi del cinquecento esisteva un partito che si chiamava con il loro nome e, nelle istituzioni della città di Parma, si opponeva alle fazioni dei Pallavicino, dei Rossi e dei da Correggio.

Eppure è proprio in questa travagliata fase di transizione verso l'età moderna che i Sanvitale diventano feudatari: nel 1258 Teseo Sanvitale compera il feudo di Sala Baganza; del castello di Belforte fu investito Gianquirico Sanvitale, nel 1312, dal comune di Parma, feudo che divenne contea nel 1450; già prima del 1345 avevano il

feudo di Noceto; Fontanellato con Parola, Toccalmatto, Castelsabbione, Albareto, era loro feudo prima del 1386 e fu trasformato in contea nel 1404 dal duca di Milano Giovanni Maria Visconti; Castelguelfo passò a Giovanni Martino Sanvitale nel 1416.

Rimane invece ipotetica una più antica infeudazione di terre nel territorio di San Vitale Baganza da parte del capitolo del Duomo di Parma (1068-1136).

La famiglia si divise quindi, a partire dal XV secolo, nei due rami di Sala e di Fontanellato. Il ramo di Sala ebbe, nella seconda metà del XVI secolo, per un breve periodo, anche la signoria sopra Colorno. Questo ceppo fu totalmente coinvolto negli arresti, nelle confische e nelle condanne a morte, decretate quali pene da Ranuccio I Farnese, duca di Parma e Piacenza, per una presunta congiura contro la sua persona, nel 1612.

I conti di Fontanellato dal '400 in poi, vennero invece individuando in questo castello, tra i vari che componevano il territorio a loro sottoposto, il centro dei propri domini e nonostante una temporanea confisca della parte dei beni di Alfonso Il Sanvitale, coinvolto nella congiura del 1612, rimasero signori del luogo sino alla soppressione dei feudi, decretata nel parmense, in epoca napoleonica.

Ma il legame tra i Sanvitale e Fontanellato non per questo si interruppe. Così vediamo i Sanvitale presenti ed attivi fino al 1948, allorché l'ultimo conte Giovanni, morto nel 1951, vendette la Rocca al comune.

L'ente pubblico, in tempi difficili, in un area allora povera, si fece carico, con estremo coraggio e lungimirante intelligenza, della prestigiosa eredità.

I Sanvitale furono condottieri, ambasciatori, ministri, letterati, uomini di scienza e di cultura, sempre.

La tradizione della famiglia, sopiti definitivamente gli scontri tra guelfi e ghibellini, fu quella di signori illuminati, curiosi ed attenti, sempre in prima linea nell'aderire alle idee e alle novità dei tempi, sensibili ai problemi sociali: vicini alle inquietudini eterodosse in materia di religione nel cinquecento, li ritroviamo curiosi ed appassionati alla scienza ed alle tecniche nel secolo successivo, massoni e riformatori illuminati nel settecento, vicini agli ideali democratici in epoca napoleonica e liberali durante la Restaurazione.

E una linea di comportamento coerente ed ininterrotta che si espresse nella committenza al Parmigianino, nella fedeltà alla dimora avita, in una amministrazione aperta ed intelligente, nel sostegno dato al Du Tillot prima ed al Moreau, poi, nella creazione, agli inizi del secolo scorso, di ospizi di educazione e di avviamento professionale, per maschi e femmine anticipatori di metodologie didattiche e pedagogiche elaborate da Stefano Sanvitale (1764-1838), che, tra l'altro, chiamò Nicolò Paganini, nel 1834, a riformare l'orchestra ducale, operazione che risultò anch'essa all'avanguardia.

Luigi Sanvitale (1799-1876), pur essendo genero di Maria Luigia d'Austria, non esitò ad abbracciare apertamente la causa nazionale e subì l'esilio ed il sequestro dei beni così come il cugino Jacopo (1785-1867), professore di eloquenza all'Università di Parma, costretto a lungo a vivere in esilio.

La prima azienda elettrica a Fontanellato fu introdotta dai Sanvitale, che sempre nei secoli esperimentarono con entusiasmo nuovi sistemi di coltura, di irrigazione, di controllo del territorio per favorire la produzione e aumentare il benessere di coloro che essi amministravano.

Legati a Fontanellato ed alla sua Rocca, essi non furono protagonisti di truci vicende, soggetti da fosche leggende, ma ebbero sempre il senso della responsabilità e dei doveri che comportavano la loro nascita e la loro posizione sociale.

Il carattere di questa famiglia risulterà evidente al visitatore percorrendo le sale della Rocca.

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